Accertamento delle Plusvalenze – Più difficile la prova per il Fisco

Con l’art. 5 comma 3 del D.lgs. n.147/15, il legislatore ha precluso la possibilità agli uffici dell’Amministrazione finanziaria,di accertare la plusvalenza rilevante ai fini delle imposte dirette soltanto sulla base del valore accertato o definito ai fini dell’imposta di registro.
Evidentemente si assume come necessaria la prova di ulteriori elementi affinché il valore determinato per le tasse d’atto sia applicabile presuntivamente anche ai fini dell’accertamento della plusvalenza.

Di seguito il testo dell’art. 5 comma 3 del D.lgs. n.147/15:
Gli articoli 58, 68, 85 e 86 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e gli articoli 5, 5-bis, 6 e 7 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, si interpretano nel senso che per le cessioni di immobili e di aziende nonche’ per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l’esistenza di un maggior corrispettivo non e’ presumibile soltanto sulla base del valore anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, ovvero delle imposte ipotecaria e catastale di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347.
In materia di imposta di registro, l’art. 43, comma 1, lett. a), del D.P.R. 131/1986 dispone che, per gli atti a titolo oneroso traslativi o costitutivi di diritti reali, la base imponibile è costituita dal valore del bene o del diritto.
Benché, ai sensi dell’art. 51, comma 1, dello stesso decreto, il valore dei beni o dei diritti sia quello dichiarato dalle parti nell’atto, il comma successivo deroga al predetto criterio generale stabilendo che, per gli immobili e le aziende, si deve considerare il “valore venale in comune commercio” ossia il valore di mercato di tali beni.
Diversamente invece nel settore delle imposte sui redditi, non assume alcun rilievo il valore normale del bene ceduto, ma conta il corrispettivo realizzato, ovvero il prezzo convenuto tra le parti.
La determinazione della plusvalenza, nell’ambito del reddito d’impresa, avviene sottraendo al corrispettivo pattuito per la cessione il costo storico non ammortizzato, ai sensi dell’art. 86, comma 2, del TUIR
Analogamente, per quanto concerne la determinazione delle plusvalenze conseguite da persone fisiche e derivanti dalla cessione di terreni edificabili o di immobili acquisiti da non più di cinque anni, la plusvalenza rilevante ai fini dei redditi diversi viene determinata come differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo, come previsto dall’art. 68, comma 1, del TUIR
Pertanto, la differenza sostanziale tra i due settori impositivi è che nel registro occorre avere riguardo al valore venale del bene in comune commercio, mentre nell’ambito delle imposte dirette rileva soltanto, ai fini della determinazione della plusvalenza, il corrispettivo pattuito tra le parti.
In conclusione, con la nuova norma sopra riportata, l’Amministrazione finanziaria dovrà provare la plusvalenza e quindi il maggior corrispettivo, attraverso diversi elementi, costituendo il valore il valore determinato dall’Ufficio per la tassazione degli atti soggetti a imposta di registro, solo un elemento presuntivo non sufficiente.

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